Il docente, in quanto essere umano, nel processo di valutazione, che deve essere molto attento e il più puntuale e meditato possibile, utilizza le proprie abilità cognitive per stabilire quali siano le decisioni più importanti e proficue da prendere in un dato contesto o quale sia la valutazione più idonea da attribuire alla prestazione di uno studente.
Per quanto cerchi di essere il più obiettivo possibile, il docente rimane comunque un essere umano e quindi soggetto che risente delle influenze derivanti dalla precedente esperienza personale, dal contesto culturale in cui opera, dalle proprie credenze, dal giudizio altrui e, non ultimo, dalla paura di prendere decisioni che possano causare danni irreparabili e non.
Il background di ogni docente influenza obbligatoriamente il suo operato, in quanto l’essere umano tende ad effettuare un raffronto tra la situazione che necessita di una valutazione e le situazioni che gli si sono presentate nel passato, in modo da poter valutare per analogia; ma ovviamente ogni situazione educativa è differente e in questo confronto potrebbero sfuggire delle variabili rilevanti che potranno influenzare in maniera errata la valutazione. Inoltre, il contesto culturale e le convinzioni del docente possono portarlo a non tenere in considerazione alcuni parametri/valori che egli ritiene poco fondamentali, mentre sono di grande importanza per la realtà in cui sta operando.
Quindi questi errori di giudizio, dovuti anche alla scarsa attenzione alle dinamiche psicologiche all’interno del contesto in cui si opera, danno origine a quelli che in psicologia vengono indicati con il nome di bias della valutazione.
I bias valutativi sono delle distorsioni della valutazione di una situazione educativa (decisione da prendere, voto da attribuire, etc.) indotte da un pregiudizio del soggetto che valuta.
Pur essendo capace di eseguire circa 1016 operazioni al secondo, il cervello di un essere umano non ha a disposizione la stessa memoria di cui dispongono invece i computer, quindi soggetto ai cosiddetti bias cognitivi, che inducono a delle valutazioni errate delle situazioni e conseguenti decisioni alquanto discutibili. Conoscere le principali tipologie di bias cognitivi può aiutare il docente a limitare i danni di una valutazione inappropriata.
Il bias di conferma è fortemente radicato in quei soggetti che hanno un forte bisogno di essere d’accordo con gli altri, che in genere non accettano critiche dagli altri e preferiscono confrontarsi solamente con chi condivide il loro pensiero. Le valutazioni affette da tale tipologia di bias possono spesso risultare poco chiare a chi viene valutato, perché non comprende le basi sulle quali la valutazione si fonda e ne notano un’eccessiva intransigenza di pensiero.
Il bias di genere consiste invece nella tendenza del docente ad alterare la valutazione di un alunno in base al suo sesso. Infatti, è credenza diffusa che le ragazze siano molto metodiche e propense all’apprendimento delle discipline letterarie, mentre i ragazzi riescano di più nelle discipline scientifiche e tecnico-pratiche. Un docente convinto di ciò tenderà a sopravvalutare in chimica un ragazzo, piuttosto che una ragazza e tutto ciò avverrebbe in maniera inconscia.
Un altro bias frequente, ma soprattutto radicato nelle vecchie generazioni di docenti, è la cosiddetta “Fallacia di Gabler”, ovvero la tendenza a dare rilevanza a ciò che è accaduto in passato e che i risultati odierni siano del tutto influenzati da tali eventi. Quindi, gli studenti valutati sempre positivamente nell’arco della loro carriera scolastica, tenderanno ad essere ancora valutati positivamente, malgrado a volte le loro prestazioni non siano poi così positive.
Il bias dello status-quo è invece una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento da parte dell’essere umano. Rimanere fedeli alle proprie routine e alle proprie convinzioni, porta ad generare delle situazioni didattiche molto simili tra loro e alla poca propensione all’innovazione. Infatti, è diffusa la resistenza da parte di molti docenti alle innovazioni tecnologiche, non accettando del tutto il fatto che gli studenti di oggi siano dei digital natives. Da qui l’uso delle classiche lezioni frontali, esercitazioni volte all’addestramento piuttosto che all’acquisizione di competenza, le interrogazioni stereotipate in cui è poco chiaro cosa si intenda valutare.
L’errore per somiglianza è un bias legato alla tendenza del docente con forte autostima a sopravvalutare gli allievi che hanno delle caratteristiche analoghe lui, mentre l’errore per contrasto è un bias del docente con bassa autostima legato alla tendenza a premiare gli allievi che presentano delle caratteristiche in lui carenti o del tutto assenti.
Il bias della negatività è invece quel difetto dovuto all’attenzione rivolta verso elementi negativi, che vengono considerati spesso come quelli più importanti e profondi. In seguito a questa distorsione si tende a dare maggior peso agli errori commessi dall’alunno, non soffermandosi sui successi che ha raggiunto e sulle competenze acquisite e attribuendo magari una valutazione negativa alla prestazione.
Risulta essere altamente nocivo il bias di proiezione. Esso porta l’essere umano a proiettare sugli altri le proprie convinzioni, credendo che di certo la pensino allo stesso modo. Tale bias comporta la pretesa da parte dello studente di modi di affrontare le situazioni problematiche molto simili, se non del tutto identiche, a quelle che il docente valutatore utilizzerebbe nella stessa situazione, non accettando del tutto le strade alternative che possono essere determinare da esso.
L’ancoraggio è invece un bias che porta il docente a confrontare un insieme limitato di elementi. Infatti, egli si fissa su una determinata situazione e tende a confrontarla con tutto il resto.
L’idea che ha di sé un docente, oltre a presentarsi nel caso degli errori per somiglianza e per contrasto, si presenta nei bias sistematici. I docenti che si ritengono molto comprensivi incorrono quasi sempre in valutazioni abbastanza elastiche ed elargiscono delle generose valutazioni, generando il cosiddetto effetto di indulgenza. Invece, tutti i docenti che si vestono dei panni delle persone poco flessibili e coerenti, generano l’effetto di severità, ossia una sottovalutazione delle prestazioni degli studenti.
L’effetto di contrasto è invece quel bias che si presenta quando un docente valuta un alunno che viene sottoposto a verifica subito dopo un compagno che ha effettuato una prestazione brillante e positivamente valutata; mentre l’effetto alone si ha quando il docente tende a trasferire in altri contesti un giudizio, per esempio quando tende a giudicare negativamente un alunno che si presenta a una verifica in modo poco curato o che utilizza un linguaggio semplice.
Un ultimo, ma non meno importante, bias educativo è il cosiddetto errore di tendenza centrale, ossia l’ostinazione da parte di tantissimi docenti a utilizzare soltanto la parte centrale della scala della valutazione, nel caso di votazione in decimi si tende ad utilizzare i voti che vanno dal 3 all’8.
Una profonda riflessione su queste tipologie di distorsione valutativa può di certo contribuire a ridurre fortemente alcuni effetti. Gli allievi, malgrado ci si ostini spesso a ritenerli incapaci di giudizio, sono invece in grado di comprendere le “ingiustizie valutative” e, di conseguenza, la delusione li porta allo scoraggiamento e, spesso, al totale abbandono della disciplina. Se si cerca di dare alla valutazione quel ruolo importante che essa ricopre, utilizzandola come strumento per far comprendere agli studenti i propri punti di forza e le proprie debolezze su cui intervenire, bisogna evitare quegli atteggiamenti scoraggianti, dovuti a continui feedback negativi, che generano nel discente il cosiddetto effetto Pigmalione, ossia la convinzione di essere un incapace.