Gio. Apr 25th, 2024

Il concetto di disabilità ha subito nel tempo una profonda revisione, sia dal punto di vista scientifico che culturale e sociale. Ciò è evidente, se si analizzano le seguenti definizioni date a distanza di 15 anni:

  1. È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (Legge-quadro 104 del 5 febbraio 1992);
  2. Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri (Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – 30 Marzo 2007).

Prescindendo dalla questione prettamente terminologica, ovvero prescindendo dal fatto che nella definizione contenuta nella L. 104/92 si parla di “persona handicappata”, mentre oggi si usa l’espressione “persona con disabilità”, già nella prima definizione è chiaro che i problemi non nascono tanto dallo stato di salute o dal funzionamento dell’organismo, quanto dai suoi effetti nel contesto sociale. I termini “handicap” e “disabilità” non possono essere considerati come sinonimi in quanto:

  1. una persona handicappata presenta una minorazione che genera un processo di svantaggio sociale o di emarginazione;
  2. una persona con disabilità non è detto che sia handicappata, infatti nella seconda definizione è chiaro che le barriere “possono” ostacolare la partecipazione su base di uguaglianza.

È comunque chiaro che l’handicap si può superare solo abbattendo ogni tipologia di barriera (dall’architettonica a quella mentale).
La definizione contenuta nella L. 104/92 si basa sul modello di classificazione ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps, Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)  del 1980, secondo il quale la minorazione causa una difficoltà, la disabilità, che a sua volta, nell’interazione con un determinato contesto sociale, può determinare uno svantaggio, l’handicap.

Si può quindi dedurre che l’handicap non è legato alla persona, ma all’interazione tra la disabilità e l’ambiente e, quindi, i termini handicappato e disabile non sono sinonimi. Grazie al contributo del modello ICIDH del 1980, l’attenzione è stata spostata dall’aspetto medico all’aspetto sociale.
Gli effetti della disabilità possono essere spesso ridotti con interventi di natura abilitativa ed educativa, mediante differenti ausili. Infatti, se si considera una persona cieca (menomazione), essa non è in grado di leggere (disabilità), ma grazie a uno strumento di sintesi vocale (ausilio), può utilizzare il pc per ascoltare un documento. Se nell’ambiente in cui lavora vengono sfruttati dei documenti che non possono essere letti dal pc (barriera), la persona non può più lavorare (handicap).

Il modello ICIDH del 1980 è stato rimpiazzato dall’International Classification of  Functioning, Disability and Health (ICF), (Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità e Salute) del 1999. L’obiettivo di tale modello ICF dell’OMS era quello di costituire uno schema di classificazione internazionale per descrivere, in maniera coerente, il funzionamento della persona. La sequenza menomazione – disabilità – handicap viene sostituita dalla sequenza di base

funzioni e strutture corporee – attività personale – partecipazione sociale

che costituisce una connotazione neutrale e che permette di descrivere qualsiasi tipo di situazione, non solo quella di disabilità/handicap. L’ICF non trascura inoltre le condizioni fisiche (disturbi o malattie) e i fattori contestuali (ambientali e personali), per tale motivo si dice che utilizza un approccio di tipo biopsicosociale perché la salute viene valutata complessivamente secondo le dimensioni biologica, individuale e sociale. Il modello ICF vede quindi la disabilità come il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali.
Anche se la menomazione non è eliminabile, si può intervenire per rimuovere le barriere e ridurre gli svantaggi derivanti dalla disabilità.

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